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Foto di Valentina Colonna-Preti

Nome:
Francesca Genti

Francesca Genti - Leggere parole leggère

Nidi di carta leggera sono i collage di Francesca Genti, involucro prezioso di pensieri che rimangono segreti, come l’ostrica che custodisce gelosa la perla. A volte le parole sono necessarie, circondate dal disegno frantumato e spezzato, in cui ogni elemento è affine alla singola parola che compone il verso, sillabe di colore e ritmi di taglio che suonano in armonia col canto della mente. A volte, invece, basta l’immagine capace di suggerire un rimando sottile al percorso privato senza suoni e senza allusioni, senza metro e senza rima; basta l’immagine che racchiuda “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, in una teologia negativa in cui si gioca la differenza tra ‘essere’ ed ‘esistere’, chiamando l’anima ad uscire dalla rigidità della statua per entrare nella vita.
Non importa se sono parole o ritagli di carta. Non conta se lo sforzo è teso tra la ricerca della musica di un verso e la scelta di un aggettivo oppure tra un accostamento di colori e una forma che vada a costituire, insieme ad altri frammenti, un disegno compiuto.
Ciò che Francesca Genti cerca è di dominare con ironia e delicatezza la pagina bianca, orror vacui che va colmato di poesia e innocenza, come solo un bambino potrebbe ancora regalare al mondo.
La carta leggera si lega ad altra carta leggera, costituendo un collage in cui ingenuità e maestria sono bilanciati in un alterno ritmo di verità e mistero, purezza di infanzia e sorriso di donna.
I collage di Francesca Genti devono essere compresi attraverso un esercizio di lettura, come è prima di tutto un approccio dello sguardo quello che consente di penetrare nelle sue poesie, dove la parola sembra condurre per mano in un regno che solo l’immagine visiva sa mostrare, compiuto.  Parola che narra, disegna, suggerisce. Parola che apre una porta che chiude una stanza, dove si vede una porta. La porta si apre e vedi un’altra stanza. Parola che aleggia leggèra, tratteggiando nell’aria la forma rappresa nel disegno, che rende tangibile e vero ciò che nel verso era solo possibile, suggerito e astratto.
E quanto più sono misteriosi i versi, allusivi e oscuri, tanto più sono immediati e “facili” i collage, che si offrono allo spettatore con il candore dell’alba del mondo, con la purezza del bambino che ancora non ha conosciuto il male, o si rifugia in un regno tutto suo proprio perché ha conosciuto il dolore inconoscibile dell’esistenza che insegna a distinguere ciò che è “cattivo” da ciò che è “buono”, ciò che vive da ciò che muore.
Carta leggera di frammenti da leggere nei diversi strati dei ritagli, uno dopo l’altro, uno sopra l’altro come nell’accostamento misurato e ritmato dell’esercizio di scrittura: i collage mostrano una storia serena, ritagliata con pazienza dal vocabolario pittorico che insegna  a colmare i vuoti e ad individuare il punto di equilibrio tra ciò che è possibile dire e ciò che è meglio tacere. Se i versi delle poesie di Francesca Genti sono inquieti e i messaggi criptati, nei collage è possibile riconoscere la serena accettazione di un gioco della vita a cui è lecito sottrarre schegge di verità, piccoli ritagli di luce che formano le cose in cui ci sentiamo sicuri.
 

Francesca Genti è nata a Torino il 27  giugno 1975. Vive a Milano.
Ha scritto i libri di poesia "Bimba Urbana" (Emilio Mazzoli, 2001) e "Il vero amore non ha le nocciole" (meridiano Zero, 2004).
Con racconti e poesie è presente in varie antologie.
E' stata tradotta in arabo e inglese.




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